Plusdotazione, se sei super intelligente in Italia puoi andare male a scuola

di Gabriele Vallarino

“In Italia se ne parla solo da qualche anno, ma in America e in tanti altri paesi d’Europa gli studi sulla plusdotazione risalgono a più di un secolo, dagli inizi del 900”, afferma Valeria Fazi, presidente di Aget (Associazione genitori education to talent). Ma che cos’è la plusdotazione? “Se parliamo di intelligenza e diciamo che i bambini normalmente hanno un’intelligenza con valore 100, beh, fissando questo livello su una gaussiana e spostandoci di due deviazioni standard negative ossia intelligenza 70, troviamo i bambini con difficoltà cognitive, mentre se ci spostiamo di due deviazioni standard positive, quindi intelligenza 130, troviamo i bambini plusdotati”.

child Head.Children Learn to think

Chiaramente questi test seguono una scala internazionale di misurazione ma normalizzata per Paese, cioè un bambino italiano, un americano e un africano vivono in società diverse, stimoli diversi e hanno di conseguenza test differenti per essere valutati. E in Italia, ad esempio, è stata introdotta la categoria “Alto potenziale cognitivo” (APC) per quei bambini che hanno un’intelligenza 120, quindi molto prossima ai plusdotati. Aget è l’unica associazione italiana di soli genitori di bambini già valutati come plusdotati o ad alto potenziale cognitivo e lo scopo è sensibilizzare su questo tema le istituzioni nonché organizzare eventi per  potenziare le abilità di questi bambini.

Ma per piacere, non chiamateli “geni” o “piccoli Einstein”. Sono bambini normalissimi, che non hanno problemi né comportamentali né emozionali, giocano a pallone e con le figurine e amano stare in compagnia degli amichetti, solo che hanno anche ottime capacità matematiche e linguistiche e una spiccata curiosità: “Hanno un costante bisogno di apprendere nuove conoscenze e di approfondire quelle possedute”, spiega Fazi.

Mamma a scuola mi annoio

Verrebbe da dire, qual è il problema allora? Potrà far sorridere ma i problemi si verificano proprio a scuola. E tra questi bambini sopra la media capita spesso che ci sia il rifiuto di andare tra i banchi: anche loro si annoiano. Ma non perché non capiscono, piuttosto perché capiscono troppo: finiscono in fretta gli esercizi e poi aspettano fissando il muro.  “Non è facile trovare insegnanti che sanno coinvolgerli nei tempi morti, non si dice di far fare loro chissà quali attività, sono bambini e possono anche semplicemente desiderare di colorare o di disegnare, ma se questi tempi di attesa si moltiplicano tutte le ore, tutti i giorni per un intero anno scolastico, si capisce bene che può nascere nei bambini un senso di insoddisfazione”.
Addirittura può capitare che questa noia repressa si manifesti in qualche tic nervoso, ma, in generale, la vita da plusdotato rischia di rendere i bambini infelici, creare problemi di autostima, perché “ci si sente diversi e inadeguati sia scuola sia in famiglia”. 

Diversi perché? 

“Perché i miei compagni non si pongono domande su quella cosa? Perché per tutti loro è difficile quel compito e per me no?” Oppure al contrario, i bambini plusdotati pensano di essere ‘stupidi’: “Io quella cosa mi pare di non capirla, mentre i miei compagni sono tutti felici che la capiscono”. In realtà, il bambino plusdotato cerca di andare a fondo nell’argomento, fissa l’asticella più in alto, per questo gli pare di non comprendere rispetto agli altri alunni, così ancora una volta si ritrova addosso un senso di inadeguatezza: “Tutti i bambini hanno il bisogno di sentirsi accolti nel gruppo”.
Per evitare tutto questo occorre che gli insegnanti e i genitori diano un nome a questa loro capacità così che i piccoli la riconoscano e possano farla fiorire e non renderla un disagio. Perché “se non gli si dà un nome e l’inadeguatezza si interiorizza per un lungo periodo anche una volta che si è adulti si può continuare a sentirsi disorientati”.

Professori aggiornati

“Le istituzioni vanno sensibilizzate perché se è vero che nei docenti abbiamo la formazione per i bambini con deficit, non l’abbiamo, a livello centralizzato dal Miur, per come gestire i plusdotati. Le scuole elementari e medie devono essere fatte bene, perché altrimenti alle superiori tutto si può ribaltare e i ‘talentuosi’, ma senza metodo di studio, si trovano in difficoltà e non è raro l’abbandono scolastico”.
Inoltre, serve che gli psicologi del servizio sanitario nazionale abbiano tutti gli strumenti per rilasciare le certificazioni. “Ad oggi non è così e le famiglie devono spendere molti soldi in centri privati per far fare ai loro figli le valutazioni cognitive”. 

A Dubai c’è un super centro internazionale che fa ricerca sulla plusdotazione. Così tra palme e grattacieli si è tenuto, dall’11 al 13 marzo, il “2019 Worldwide Best Practices for Giftedness Conference”: buone pratiche per la scuola, le associazioni, i centri di ricerca. Nella metropoli del deserto tante scuole da tutto il mondo – Stati Uniti, Cina, Australia, Germania, ma anche Portogallo o Ungheria – hanno mostrato le loro eccellenze.  L’Italia no. “Ma sai che ti dico – confessa Fazi – torno a casa da questa tre giorni consapevole che la scuola italiana non ha da invidiare chissà che cosa dagli altri, non deve essere stravolta, basta davvero che faccia un piccolo passo, un lavoro di attenzione per stimolare questi bambini e far emergere i loro interessi. Magari offrendo loro attività di approfondimento quadrimestrali o campus estivi. Né classi speciali né scuole speciali, basta poca attenzione per fare una grande differenza”.

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