I Marziani abitano forse al Polo Sud

di Gabriele Vallarino

Il 25 luglio 2018 lo ricorderemo per sempre. Una rivoluzione. La geografia è cambiata. L’uomo scopre l’acqua su Marte. Ed è acqua nostrana: a pubblicare la notizia su Science sono dei ricercatori dei Centri di ricerca e delle Università italiane. Ma come in ogni grande scoperta, si risolve un quesito e si moltiplicano i nuovi. E se c’è l’acqua, c’è vita? Gli occhi sono sempre puntati su Marte, le maniche rimboccate: gustato il successo, non si smette di lavorare al giorno dopo.

«Ci si sperava da tanti anni, la missione su Marte è cominciata nel 2003. Nel 2013 abbiamo avuto i primi sospetti, ma i dati erano insufficienti. Potremmo dire, per farci capire, che i dati erano come “compressi”, – racconta Sebastian Lauro – ricercatore di Roma Tre nella missione Mars Express dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), esperto in propagazione di onde elettromagnetiche nel sottosuolo – ma dopo aver fatto delle modifiche al software di bordo non avevamo più dubbi».

Era il 2016, i dati dell’ESA diventano chiari, limpidi, come l’acqua che segnalano. L’articolo, per la solidità dei dati, conquista le pagine di Science nell’estate 2018, frutto dell’analisi sinergica tra ASI (Agenzia Spaziale Italiana), INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), CNR e le Università D’Annunzio, Roma Tre e Sapienza.

Il radar MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) ha trovato acqua liquida a 1,5 km sotto il ghiaccio, in una zona del Polo Sud di Marte, vincendo lo scetticismo iniziale della Nasa – diretto competitor dell’Europa – che perlustra il pianeta rosso con la missione MRO (Mars Reconnaissance Orbiter) e con il radar SHARAD (Shallow Radar).

Ed è un’eccellenza tutta italiana: «Marsis è stato ideato dal prof. Giovanni Picardi dell’Università Sapienza ed è l’ASI a essersi occupata di gestire la sua realizzazione», così come sempre made in Italy è la tecnologia che sta dietro al radar a stelle e strisce.

«Il Polo Sud di Marte è grande all’incirca metà della Groenlandia, sia chiaro non come estensione – precisa Lauro – bensì come volume di ghiacci». E questa scoperta di acqua sotto ai ghiacci ha messo in testa ai ricercatori un’analogia tra Polo Sud marziano e Polo Sud terrestre: «Se in Antartide l’acqua reperita, sempre sotto il ghiaccio, porta con sé la vita, allora c’è vita anche su Marte?»

Ma il paragone si fa meno stringente: l’acqua marziana potrebbe essere liquida a -70°C. Un fatto stranissimo che presuppone sia salatissima: si sa, il sale abbassa la temperatura di congelamento. E l’ipotesi trova una logica dalla presenza di perclorati nel suolo di superficie.

I batteri che vivono nelle acque subglaciali dell’Antartide, acque localizzate a diverse profondità – fino a 3,7 km di profondità– sono stati battezzati estremofili, perché sono in gradi di sopravvivere in condizioni ambientali proibitive per gli esseri umani. Ma allora nel pianeta rosso c’è da aspettarsi dei batteri “super estremofili” adatti all’alta concentrazione di sale e al gran freddo: questo, insomma, l’identikit possibile del marziano, per noi abituati a un ometto verde.

Certo che se si pensa di fare un carotaggio e di raccogliere un campione in provetta, è perché si sono visti troppi film di fantascienza. Già sulla Terra il carotaggio in Antartide è un’impresa difficile. Su Marte è ancora una sfida impossibile, «basti pensare che la temperatura superficiale è di -110°C, così come non si può con un radar calcolare la profondità del bacino perché servirebbe la sismica, quindi un operatore sul posto». Per adesso ci si concentra su altri obiettivi: «Capire se quello che abbiamo trovato è un lago, una rete di laghi o forse un acquitrino e accertarsi, poi, della sua estensione, per ora stabilita a 20 km», conclude Lauro.

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