Primavera e migrazioni: un fenomeno ancora avvolto dal mistero

 

Marzo è arrivato e presto arriverà anche la primavera, la stagione in cui la natura nel suo senso più lato riprende le attività dopo la pausa invernale. Nonostante l’alternanza delle stagioni sia sempre più compromessa a causa dei pesanti cambiamenti climatici in atto, il fenomeno delle migrazioni resiste, regalando in questi mesi di passaggio stagionale l’alternanza delle specie più diverse. Nelle prossime settimane, gli uccelli che hanno trascorso l’inverno nel nostro paese torneranno al nord a nidificare, lasciando il posto a quelli che raggiungono la nostra penisola per il periodo estivo.

Pantala-flavescens-libellula-crop

Le migrazioni hanno un fascino tutto particolare: pensare che animali anche molto piccoli possano compiere viaggi di migliaia di chilometri, attraversare mari e continenti, rimane un processo misterioso, un vero e proprio inno alla superba evoluzione della specie che li ha progettati in modo così perfetto.

È di qualche giorno fa la notizia della scoperta dell’insetto viaggiatore per eccellenza: la libellula Pantala flavescens. Questo piccolo insetto copre distanze di oltre 7000 chilometri, passando da un continente all’altro alla ricerca delle condizioni climatiche più favorevoli per riprodursi. I biologi della Rutgers University a Newark, nel New Jersey, sono arrivati a questa conclusione confrontando il DNA di insetti prelevati in luoghi molto distanti tra loro come Texas, Canada, Giappone, India, Corea e Sud America. Il profilo genetico è così simile che può essere soltanto il frutto di continui incroci e accoppiamenti tra le diverse popolazioni: di fatto per queste libellule esiste un’unica grande comunità globale.

Le libellule abbandonano l’India durante la stagione secca per arrivare in Africa all’inizio di quella umida. Alcune, sfruttando le correnti d’aria e i venti, riescono a fare il viaggio senza soste, altre si fermano alle Maldive o alle Seychelles per arrivare in Tanzania e in Mozambico. L’intero circuito si estende per 14-18.000 chilometri e si conclude con il ritorno in India per il monsone.

“È una sorta di missione suicida – commenta Jessica Ware capo progetto di questa ricerca – molte muoiono durante il viaggio, proprio come succede agli uccelli migratori, ma la specie sopravvive. Alcuni esemplari riescono a fare il viaggio senza tappe intermedie, altri si fermano per un po’ sulle isole, dove si riproducono approfittando di pozze lasciate dalla pioggia. I nuovi nati si uniranno alla gigantesca migrazione, diventata ormai multi-generazionale”.

È la prima volta che viene analizzato il DNA di una specie, per studiarne i movimenti. Allo studio genetico si affianca comunque l’impiego di altre discipline e tecnologie, per comprendere a fondo questo misterioso fenomeno. Oltre al GPS e alle immagini dei satelliti, gli scienziati hanno anche svolto analisi chimiche, per capire in quali luoghi si fermano gli uccelli migratori. Studiando gli isotopi che rimangono sulle penne degli uccelli, in particolare quelli dell’idrogeno che variano in base alla latitudine e alla longitudine, si può capire se si sono fermati in una foresta o in una prateria, mentre la presenza di isotopi di zolfo può indicare se gli uccelli hanno abitato più a lungo in una zona marittima o nell’entroterra.

Grazie a diverse combinazioni multidisciplinari, i ricercatori sono in grado di spiegare sempre meglio i fenomeni naturali, con la speranza di trovare strategie maggiormente efficaci per la tutela e la conservazione dell’ambiente naturale e dei suoi abitanti.

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