L’orso d’acqua immortale
Si chiama Tardigrado ed è un invertebrato altamente adattabile a condizioni di vita avverse. E’ piccolo: da 0,5 a 1,5 mm. Di forma cilindrica. Possiede un capo, 4 metameri (parti distinte ma identiche che suddividono l’animale) e 4 paia di zampe munite di unghie, che gli sono valse un nome che termina con lo stesso suffisso scientifico degli orsi. Il suo colore varia dal bianco che contraddistingue le specie marine, al giallo, al verde e al rosso, che dipingono le livree degli individui di ambiente terrestre o di acqua dolce.
Fisiologicamente il tardigrado si adatta a qualsiasi tipo di habitat: dall’Antartide, agli abissi oceanici, alle incredibili altezze delle cime dell’Himalaya (oltre 6.000 metri).
Questi strani esseri possono sopravvivere in condizioni ambientali davvero estreme e questo li distingue da tutte le altre specie conosciute dagli scienziati. Il tardigrado vive anche in mancanza di acqua; ad altissime o bassissime temperature (fino a qualche minuto a un massimo di 151°C e parecchi giorni a -200°C); ad alti livelli di esposizione alle radiazioni (fino a centinaia di volte quelli che ucciderebbero un essere umano); a bassa o alta pressione (anche sei volte quelle degli abissi oceanici); in mancanza di ossigeno o sotto i raggi UV-A e UV-B.
Il tardigrado sopravvive in ognuna di queste condizioni, sospendendo le proprie attività vitali, fino a quando non si ristabilisce una situazione a lui congeniale, nella quale riprodursi e riprendere la propria vita. Dopo averlo conosciuto, gli scienziati e genetisti di tutto il mondo hanno iniziato a sottoporre campioni di diverse specie di tardigrado a esperimenti diversi e sempre più sfidanti. Nel 2007, ad esempio, un campione di tardigradi è stato spedito nello Spazio a bordo di un missile, esposto a raggi cosmici e assenza di gravità. 10 giorni dopo, al ritorno della spedizione, i tardigradi sono rientrati sulla Terra e sono stati reidratati. Alcuni di loro sono sopravvissuti, dimostrandone così l’estrema capacità di adattamento e resistenza.
Ma l’ultima conquista dei ricercatori appassionati della vita dei tardigradi e dei loro geni super-adattabili è balzata agli onori della cronaca dopo la pubblicazione di uno studio durato 30 anni.
Nel 1983, gli scienziati della stazione Showa in Antartide hanno campionato un gruppo di tardigradi estraendone il DNA e ibernando alcuni individui vivi alla temperatura di -20°C. Dopo un trentennio, nella primavera del 2014, due di questi esemplari di invertebrati sono stati scongelati in condizioni ottimali per un’eventuale loro sopravvivenza. I risultati sono stati sbalorditivi! Uno dei due individui purtroppo è morto dopo poche ore dall’inizio dello scongelamento, ma l’altro, dopo sole 13 ore aveva ripreso le sue funzione vitali, cibandosi e, incredibilmente e in modo del tutto inaspettato, riproducendosi! I ricercatori che hanno osservato questo prodigio in diretta sono diventati “nonni” di ben 19 uova di tardigrado dell’Antartide, delle quali 14 dischiuse. Non è finita: una delle uova di seconda generazione si è a sua volta riprodotta deponendo 15 uova, delle quali 7 dischiuse! Certo, lo studio si è svolto in 30 anni, ma i risultati sono valsi l’attesa.
Di pochi mesi fa, alla fine del 2015 è anche la scoperta che il genoma di questi microscopici invertebrati è composto per circa il 20% di DNA estraneo e non proveniente da qualsiasi specie animale conosciuta. Esseri alieni? No, esiste una spiegazione. I tardigradi hanno una particolarità, che li rende davvero unici: la capacità di evolvere il proprio patrimonio genetico ereditando non solo quello “di famiglia” ma anche piccole parti di esseri viventi non appartenenti alla mondo animale e che fanno parte del loro habitat (ad esempio piante, batteri, funghi, …). I tardigradi dunque evolvono ogni generazione e accumulano materiale genetico estraneo, che ne rafforza le caratteristiche di adattabilità alle condizioni esterne, anche quando sono estreme.
Le ricerche continueranno, anche se i risvolti potrebbero forse diventare un po’ inquietanti, a partire dalla criogenesi, sino ad arrivare alla formula di DNA dell’immortalità!